Il Collegio Elettorale

Fin dal 23 ottobre 1859, con la legge Rattazzi, Vercelli perse il suo ruolo di capoluogo di divisione amministrativa e venne aggregata alla provincia di Novara. Crescentino fu con Santhià e Vercelli uno dei tre collegi elettorali fino al 1922. Dal 1848 al 1860, Trino e Cigliano ebbero collegi propri, poi, il 17 dicembre 1860 furono incorporati in quello di Crescentino, il quale estese la sua giurisdizione elettorale a Costanzana, Palazzolo Vercellese, Fontanetto Po, Lamporo, Saluggia, Livorno Ferraris, Bianzè, Borgo d'Ale, Moncrivello: il primo rappresentante in parlamento fu Carlo Boncompagni di Mombello, conte di Lamporo (1804-1880), poi ministro dell'agricoltura e del commercio, della pubblica istruzione, di grazia e giustizia ed il cui nome è legato al nostro Risorgimento per le numerose azioni politiche da lui compiute, sia come governatore della Toscana, in nome del principe di Carignano, sia come scrittore ed educatore. La rappresentanza parlamentare continuò col crescentinese Felice Chiò, illustre matematico (1813-1871), fino al 1861, salvo due brevi legislature nelle quali furono eletti Giacomo Lignana e Leandro Saracco (1801-1854). Quest'ultimo, pure di Crescentino, già docente di diritto e poi rettore dell'Università di Torino, nel 1847, insieme ad Angelo Brofferio, difese davanti ai magistrati di cassazione il generale Gerolamo Ramorino, condannato a morte per inesecuzione di ordini militari.
. Successivamente fu la volta di Carlo Luigi Farini, al quale seguiva, per una legislatura, Casimiro Ara. Non riuscì ad essere eletto il garibaldino Domenico Narratene di San Genuario (1840-1899), che combattè all'Aspromonte e fu amico, oltre che di Garibaldi, anche di Mazzini e Saffi. Seguirono numerose legislature di un altro personaggio di Crescentino che fece una brillante carriera militare: il tenente generale Ettore Bertolè-Viale già ricordato, che collaborò col generale Manfredo Fanti alla formazione di un esercito nazionale e alla fondazione della scuola militare di Modena (oggi Accademia Militare). Nella campagna del 1866, il generale vercellese Ignazio de Genova di Pettinengo, scelse il Bertolè-Viale, allora capo di stato maggiore del corpo di Firenze, come Intendente Generale dell'esercito. Generale a soli 39 anni (il più giovane d'Italia), divenne aiutante di campo del re, indi nel 1867, venne eletto deputato nel collegio di Crescentino, in ballottaggio con l'avvocato Federico Spantigati. Quale ministro della guerra fino al 1869 e poi ancora nell'aprile del 1887 fino al febbraio 1891, ebbe viva parte nella politica militare di quegli anni, finché apparve all'orizzonte Giovanni Faldella (1846-1928), un giovane bozzettista e giornalista, nato a Saluggia da famiglia originaria di Brozolo, che acquisterà presto un posto di rilievo nel campo delle lettere, dove un giudice severo come Giosuè Carducci lo aveva difeso in una fiera polemica sul suo linguaggio scapigliato.La rappresentanza del Faldella durò fino al 1895, quando gli successe il marchese Domenico Fracassi, passato poi al senato. Seguì il liberale Carlo Montù, nato a Torino da famiglia oriunda di Livorno Ferraris.
Nel 1913 l'elezione del Montù si presentò piuttosto difficile per la fama del suo avversario Fabrizio Maffi (1868-1955), il quale, come medico condotto a Bianzè, si era acquistato non poche simpatie fra la gente, soprattutto nel ceto più povero, tanto che nelle precedenti elezioni del 1904 aveva riportato 2566 voti contro 2978 ottenuti dal Fracassi. Aderendo al rivendicazionismo socialista sostenuto dal periodico La Risaia, fondato da Rinaldi Locamo, il Maffi, dal contatto quotidiano con la gente dovuto alla sua professione, aveva preso coscienza delle deplorevoli condizioni di sfruttamento di operai e salariati, considerati dai proprietari soltanto come strumenti di lavoro. Di fronte al movimento di pensiero, impetuoso e ribelle, che rivendicava un salario e un lavoro più umano, la borghesia e i grandi proprietari terrieri rimasero sostanzialmente ostili. Gli elementi conservatori mettevano poi la questione della disciplina statale e della legge sopra ogni altra cosa, mentre la corrente socialista cresceva tra le masse ancora prive di esperienza politica, ma che tuttavia si facevano sentire di fronte a palesi violazioni, come successe nel 1903 a Crescentino, quando due braccianti, a nome della Lega fra i contadini, denunciarono l'abuso di proprietari che costringevano circa 50 operai ad un orario di lavoro troppo oneroso. Episodi, più o meno analoghi, venivano segnalati in tutto il vercellese, specialmente durante la monda del riso. Siffatte idee sociali contagiarono anche il viceparroco don Pietro Sartoris, che nel 1909, dopo aver udito Podrecca, aderì al movimento e tenne a Crescentino una conferenza al riguardo.
In questo periodo, fra gli avvenimenti meritevoli di segnalazione, ricordiamo che per la prima volta, i coscritti che da Lamporo e Fontanetto Po venivano a Crescentino, capoluogo di mandamento, a tirare il numero per il servizio militare (1907), festeggiarono in pace l'avvenimento, abbandonando le risse sanguinose che avevano funestato gli anni precedenti. Nel 1911 fece ingresso l'energia elettrica che pian piano sostituì i lumi a petrolio nelle case e i lampioni a gas nelle pubbliche piazze. Nel 1912, in seguito ad una grave crisi economica e dissensi nella maggioranza, il consiglio comunale rassegnò le dimissioni al prefetto di Novara, il quale incaricò il commissario prefettizio Roberto Monticeli! a reggere l'amministrazione fino alla ricostituzione del nuovo consiglio, che avvenne il 22 luglio 1913, con l'elezione a sindaco del conte Adriano Tournon.
Quando sul principio del 1911 la stampa di tendenza costituzionale sostenne la campagna per indurre il governo italiano alla conquista della Tripolitania, anche Crescentino fu raggiunto dai periodici vercellesi, allineati con la stampa nazionale per rivendicare il famoso posto al sole, che la Risaia definì un autentico delitto. Cosicché nelle elezioni del 26 ottobre 1913 il Maffi, che si era scagliato contro la dichiarazione di guerra del 29 settembre nei confronti di Tripolitania e Cirenaica, venne eletto nel collegio di Crescentino con 5774 voti, battendo il liberale Montù. Ma oltre alle notizie che giungevano da questo fronte, altre ben più minacciose si affacciavano: col trattato di Londra del 27 aprile 1915, l'Italia si era impegnata ad entrare in guerra entro trenta giorni e, il 23 maggio, il duca d'Avarna, ambasciatore del re a Vienna, ne consegnò la formale dichiarazione all'imperatore d'Austria. A questo gigantesco conflitto mondiale, Crescentino diede un notevole contributo di vite umane. Una lapide apposta alla torre civica il 4 novembre 1920 ne ricorda i caduti. Dopo l'armistizio, oltre ai caduti, Crescentino pianse anche oltre un centinaio di vittime dell'epidemia detta la spagnola, che si curava solo a base di chinino.